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Settembre in Santa Chiara: La peste a Napoli e il curioso “spavento” di Noci

Si è aperta con il riferimento all’attualità e alla pandemia che sta caratterizzando il 2020, la XIX edizione di “Settembre in Santa Chiara”, organizzato dal Centro culturale “Giuseppe Albanese”, dal Comune di Noci e dalla Biblioteca comunale “Mons. Amatulli” in collaborazione con Società di storia patria per la Puglia – Sezione sud-est barese di Conversano, Gruppo Umanesimo della Pietra di Martina Franca, I.I.S. Da Vinci-Agherbino di Noci-Putignano, associazioni “Terra Nucum” e Puglia Trek&Food di Noci. L’instancabile Giuseppe Basile, che da 19 anni coordina tutte le edizioni, presenta alla platea accorsa al Chiostro delle Clarisse i relatori della serata: Vito L’Abbate e Pasquale Gentile.

Vito L’Abbate introduce l’argomento partendo dal 1656, anno in cui a Napoli esplode una epidemia di peste, introdotta, sembrerebbe, da un manipolo di soldati che erano sbarcati nella città del viceré per combattere le guerre in atto nel nord Europa. Il racconto di L’Abbate non lascia in disparte Noci. Come purtroppo accade coi virus, e allora non vi erano le tecnologie scientifiche ad aiutare la medicina, l’espansione del contagio diventa inarrestabile sino a toccare la Puglia, ma non tutta. Viene risparmiato il Salento, per i credenti protetto da Sant’Oronzo. Sul Gargano invece gli abitanti si affidano alla spada di San Michele Arcangelo e per lui ereggono un santuario tutt’oggi meta di pellegrinaggi (Monte Sant’Angelo). Per lui si elaborano pietre apposte sugli edifici pubblici e privati per invocare protezione. Questo rito arriva sino alla Terra di Bari con un esempio proprio a Noci in via Porta Barsenti. Altre riproduzioni vocazionali sono presenti a Conversano e Putignano. Queste riproduzioni sono lo strascico devozionale a quello che accadrà a Noci, e in maniera molto più pesante (in termini di vittime) e significativa in altre città soprattutto costiere, nel 1691.

Da qui il racconto passa nelle mani dello storico locale Pasquale Gentile che narra di uno “spavento” accorso ai nocesi proprio quell’anno. La vicenda si inquadra nel bimestre agosto-settembre 1691. Intorno al 10 di agosto Rosa D’Onghia, inferma, proveniente da una masseria in contrada Casaboli, bussa alla porta della chiesa nocese dove viene accolta. Anche se curata la donna muore, ufficialmente per collasso dell’utero, ma chi la esamina nota dei segni sul corpo compatibili con la peste bubbonica. Si innesca così una vicenda al limite dell’incredibile che vede coinvolti i cugini Cassano, uno sindaco e l’altro Arciprete, il preside di Noicattaro e addirittura il viceré in persona. Il tutto per non scatenare il panico tra la popolazione (e assumersi le responsabilità), ma ciò che ne viene fuori è uno stato di paura costante nella cittadinanza nocese confinata nel proprio paese senza aver la possibilità di commerciare e avvicinare i cittadini di altri paesi limitrofi. Fortunatamente il caso risulta essere isolato e la città viene liberata dalla quarantena il 23 di settembre riprendendo le proprie funzioni sociali, commerciali e politici.      

Giovedì 17 settembre sarà la volta dell’architetto Walter Putignano con l’inedito intervento su “Storia di reduci e sognatori. Fulvio Tassani e la rinascita delle aree verdi a Noci (1946-1956)”.

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